Nella puntata precedente abbiamo parlato di come indirizzare la nostra strategia di web marketing. Quest’oggi vogliamo invece focalizzarci sui social network, in particolare cosa non fare e cosa non aspettarsi da questi canali di comunicazione.
Siano essi Facebook, Twitter, Instagram, Linkedin o YouTube, ci sono diversi ragionamenti che erroneamente inducono le aziende ad investire, in termini economici e di risorse umane, in questi canali che, diciamolo, rappresentano oggi un pò una “moda”, in cui più o meno tutti ci siamo caduti o perché gli altri lo fanno o semplicemente per curiosità.
Fare social web marketing bene, richiede investimenti
Se abbiamo una risorsa in azienda che può dedicare, almeno due/tre mezze giornata alla settimana, alla gestione dei vari canali social aziendali allora siamo partiti col piede giusto. Altrimenti abbiamo due alternative: abbandonare l’idea perché fare comunicazione sui social male, non ci porterà a nulla, o far fare tutto ad un’agenzia specializzata in questo campo. Sia che utilizziamo una nostra risorsa interna o un fornitore esterno, il costo non sarà indifferente: dovremo calcolare il budget legato al tempo da impiegare, ai costi delle campagne sponsorizzate ed alle immagini/video/contenuti da acquistare.
Nel b2b, il social marketing non è una priorità
C’è poco da fare, nonostante molte web agency, anche e soprattutto per propria convenienza, vogliano farci credere che sono una priorità. Se il nostro target è l’impresa, i social non possono essere una priorità. Sappiamo tutti che dietro ad un account Facebook o Instagram ci può sempre essere un imprenditore che, magari, rientra tra i nostri potenziali clienti. Ma stiamo pur certi che nel momento in cui si sta facendo gli affari propri (e degli altri…) certamente avrà ben poca voglia di cliccare su un post sponsorizzato che gli offre un servizio per la sua azienda. Diverso è se ci rivolgiamo ai privati, il cui aspetto emotivo e l’acquisto è molto più marcato.
Su cento post, forse uno attira l’attenzione
In realtà è molto peggio, visto che le statistiche ci dicono che il tasso di coinvolgimento, un click su un URL specifico, un “mi piace”, un commento o una condivisione, è ancor più basso, a volte intorno allo 0,3%. Qui entriamo in un mondo costituito da mille variabili, è chiaro che se vendo servizi cloud avanzati e pubblico immagini di server su Intagram, avrò risultati ben diversi da un centro estetico che pubblica post sulle ultime tendenze selezionando un target femminile su Facebook. Tuttavia, è bene ricordarlo: coinvolgere con la comunicazione social è estremamente difficile.
Il social marketing non genera nuovi clienti
Affermazione forte, ma non contradditoria se interpretata nel modo giusto: il social marketing non deve avere come obiettivo quello di generare nuove opportunità. Non è quella la sua finalità primaria. É assai improbabile che un utente, nel momento in cui legge il nostro post, ci contatti per un preventivo attraverso il canale social: lo farà forse dopo aver visitato il nostro sito. Di fatto, i social network in ambito business nascono per fidelizzare e fare “branding”: creare fiducia, dare reputazione, far “girare” il nome della nostra azienda. Non vederlo come uno strumento di vendita, perché non lo è.
Conclusioni
Non commettiamo l’errore di investire sui social con l’obiettivo di trovare nuovi clienti, ma utilizzarli come strategia parallela ad una buona attività di posizionamento. Ciò comporterà essere prima ben visibili nei confronti di chi ci sta cercando, ed al tempo stesso avvalorare la nostra reputazione online creando una rete di utenti e facendo parlare di noi. Usiamo il social media marketing per far nascere l’esigenza all’acquisto di un nostro prodotto/servizio, ma dobbiamo essere consapevoli che essa si potrebbe concretizzare molto in là nel tempo e, probabilmente, attraverso altri canali.